Madonna col Bambino e San Giovannino (1620 circa)

Madonna col Bambino e San Giovannino, (circa 1620)

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Bernardo Strozzi, detto il Cappuccino (Campo Ligure o Genova, 1582 - Venezia, 1644)

Tecnica e misure:

Olio su tela, 158 x 126 cm

Collocazione:

Genova, Musei di Strada Nuova - Palazzo Rosso, (n. inv. PR 106)

Provenienza:

Dal 1874 nelle collezioni per donazione di Maria Brignole - Sale De Ferrari, duchessa di Galliera

 

Naturalismo e colore sono i tratti essenziali di questa opera di Bernardo Strozzi, uno dei più significativi e apprezzati interpreti dell’arte genovese nel Seicento.
La corposità del cromatismo di Rubens, l’attenzione ai particolari della vita quotidiana propria della cultura nordica, il chiaroscuro di impronta lombardo-caravaggesca trovano riscontro nel volto per nulla idealizzato di Maria, nella sua posa scomposta, nella cesta da lavoro, descritta con meticolosa cura, e nello scandaloso particolare del piede nudo, arrossato dall’arsura. La canestra di frutta, a lato sullo sfondo, poi, è quasi una copia della famosa tela di Caravaggio che eseguì per Federico Borromeo a Milano, e attesta l’ammirazione di Strozzi per questo artista, nonché la sua propensione per la pittura di genere, la natura morta in particolare.
Questa tela si colloca nel periodo giovanile di Strozzi, quando egli, assai amato dagli aristocratici genovesi, e frate cappuccino, riusciva a conciliare la missione di religioso con la gestione della bottega di pittore.
Tuttavia, alla morte di Gio. Carlo Doria (1625), suo influente protettore, l’ordine ecclesiastico cominciò a creare problemi riguardo la sua attività d’artista, motivandoli, in primo luogo, con una eccessiva propensione a rappresentare soggetti sacri con toni giudicati prosaici e volgari. In effetti, vari critici ottocenteschi, proprio riguardo a questo dipinto, hanno posto l’accento su tale aspetto: “[…] rappresentanza ignobile, sembiante e atti volgari”, scrive Federico Alizeri nella sua Guida artistica per la città di Genova (1847), ma aggiunge: “[…] d’un effetto di chiaroscuro che abbaglia, di carni tutte vere palpabili, di gran tono in ogni panno e accessorio”.
I dissapori con l’ordine religioso costrinsero Strozzi ad abbandonare Genova per rifugiarsi a Venezia, dove continuò l’attività artistica fino alla morte, aggiornando il suo stile con una tavolozza più luminosa e sfarzosa.